Recentemente, in un battibecco giornalistico (Corriere della sera, cronaca di Brescia, 8.11.2017) ho sviluppato le mie precisazioni rettificatorie ricordando – al giornalista – i dati formali, cioè quelli resi pubblici attraverso gli atti ufficiali (siamo nel campo della Pubblica Amministrazione, ma il discorso è estensibile anche al settore privato e alle relazioni in genere). In quella occasione ho ricostruito i fatti oggetto d’interesse puntando, ingenuamente di certo, sugli atti e sulle motivazioni poste a fondamento degli atti, così smentendo le contrarie affermazioni dei resoconti giornalistici. Il mio interlocutore di fronte alla replica ha dichiarato: ci arrendiamo alla forma, evocando nel contempo l’esistenza di una sostanza, all’evidenza diversa dalla forma, fatta di pensieri reconditi. In sintesi: non è detto che la forma corrisponda alla sostanza, anzi può darsi che incomba una sinistra divaricazione.
Ebbene, forse il problema è proprio lì, nell’idea molto molto italiana che vi sia una sostanza diversa dalla forma, che le ragioni reali siano differenti da quelle rese pubbliche, ufficiali.
La dicotomia tra forma e sostanza è quanto di più incompatibile vi sia con strutture sociali a stampo democratico. Da un lato impedisce un vero dibattito ed una reale conoscenza, occultando le ragioni e le scelte (i pensieri reconditi, appunto); dall’altro lato consente la divulgazione di notizie incontrollate e incontrollabili, proprio perché estranee ad una qualche forma. Soprattutto, dà spazio a tutto ciò che non è istituzionalmente spendibile, tanto da non avere trovato il suo giusto posto nella forma. Nasce, così, il de-forme. E la forma diviene orpello, palandrana d’occasione lunga fino ai piedi in grado di nascondere qualunque intreccio; la sostanza, al contrario, si erge a luogo di ogni possibile scontro, vendetta, rappresaglia, meschine soluzioni, in ogni caso ben al riparo da occhi e orecchie indiscreti. Restano a tutti gli altri i sussurri, le confessioni a mezza bocca, gli ammiccamenti.
Questa sostanza nascosta dalla forma, così inafferrabile e inconoscibile, eccola, quindi, trasformarsi in un sogno fuori dalla portata della ragione, e se il sonno della ragione genera mostri, figuriamoci i suoi sogni.
Michele Mocciola