Scienza democrazia poesia

Una breve replica su alcune affermazioni discutibili

La perfidia dei social non dà scampo a chi, tentato, rilascia ogni accortezza, e le dovute difese: il serpente biblico è sempre lì, in agguato. Si dà perciò il caso che nella frenesia di precisare, difendersi, divulgare, e contestare gli avventurieri del pensiero, si scivoli talvolta malamente in imprecisioni, se non veri e propri errori, a proprio discapito, anzi a discapito della rivendicata – giustamente rivendicata – necessità di un uso meditato e professionale delle proprie argomentazioni. Insomma, il classico boomerang.
Si legge da qualche tempo sui perfidi social, oppure lo si grida a gran voce, che la scienza non è democratica; in altra occasione, nella nota contesa sull’obbligatorietà dei vaccini, ci si è rivolti al ministro della salute sarcasticamente domandando: lei, ministro, è un medico o una poetessa? (http://tiny.cc/02t0wy).
L’affermazione che la scienza non è democratica, appare disinvolta e peregrina in sé, per la combinazione di ambiti differenti (scienza e forma istituzionale), e offensiva per la stessa nozione di democrazia. Quella dichiarazione così perentoria ha in verità suggerito la stravagante idea che la democrazia sia il luogo degli incompetenti, il posto ideale per l’opinionismo di massa, quando, al contrario, nessun nesso causale vi è tra l’ignoranza e questa forma politica di governo della res publica, in verità articolata e complessa nelle sue procedure e nei suoi meccanismi. Siamo ben lontani da un semplicistico sondaggio o suffragio permanente. D’altro canto la scienza, a ben vedere, condivide un certo spirito democratico, giacché rifiuta il principio d’autorità (il notorio ipse dixit) e vive della libera discussione – ovviamente tra persone che padroneggiano metodi e ragionamenti, ma non necessariamente ricercatori e accademici titolati con un curriculum standard. La comunità scientifica non è chiusa, fatta di sacerdoti del sapere, ma è aperta a chiunque dimostri di avere le capacità per partecipare al dibattito, eventualmente sconvolgendolo e inaugurando inedite questioni e direzioni. Questo implica altresì che nessuna ricerca sfugge al controllo e alla revisione rigorosa da parte di questa comunità: il lavoro inedito di un Nobel è valutato allo stesso modo di quello di un outsider. Più democrazia di così… . La scienza critica tutto e tutti, non dà nulla per scontato, non si fida se non ha prove (dati, esperimenti, ragionamenti inoppugnabili), disinnescando la tendenza umana alla presunzione, alla prevaricazione, al plagio e all’inganno. La democraticità della scienza è tutt’uno con la sua intrinseca saggezza.
Ugualmente, l’affermazione del ministro della salute in tema di vaccini (obbligo flessibile), sebbene censurabile sotto vari profili compreso quello scientifico, perché ricondurla alla poesia? si vuole forse intendere che quest’ultima è l’ambito di circonvolute nullità? C’è da augurarsi che gli scienziati, ai quali può legittimamente non piacere la poesia, non si sbilancino ad offendere una delle migliori forme espressive umane (quando non è in mano agli incompetenti, appunto). Però non si può fare a meno di constatare come coloro che si occupano di scienza spesso non mantengono, al di fuori del loro campo specifico, una mentalità aperta e raffinata, e arrivano a disprezzare o dileggiare altri aspetti del pensiero umano.
Il fatto è che l’incompetenza, la cialtroneria, la superficialità, spacciate per conoscenza, si annidano dovunque, in ogni anfratto del suddetto pensiero umano, ed è compito proprio di chi ha gli strumenti professionali e di ragionamento, in ogni ambito, fare terra bruciata intorno ai portatori di vaniloqui per renderli un giorno innocui. Ma questa vigilanza critica ha ben poco a che fare con la polemica spicciola. Bisogna essere all’altezza della scienza, come della democrazia e della poesia – tre mirabili invenzioni di homo sapiens.
E non c’è migliore conclusione se non affidarsi al poeta veggente per antonomasia, Arthur Rimbaud, sperando che non si tratti di vera profezia.

Democrazia
La bandiera va verso il paesaggio immondo, e il nostro gergo soffoca il tamburo.
Nei centri alimenteremo la più cinica prostituzione. Massacreremo le rivolte logiche.
Nei paesi impepati e infradiciati! – al servizio dei più mostruosi sfruttamenti industriali o militari.
Arrivederci qui, in un posto qualunque. Coscritti di buona volontà, avremo la filosofia feroce; ignoranti per la scienza, furbi per la comodità; crepare per il mondo che avanza. È la vera marcia. Avanti, marsc!
 
Michele Mocciola
 Massimiliano Peroni

 

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