Vacanze! Benedette vacanze! Manna di ogni lavoratore, simboli di una meritata pace irrituale! Quanto vi ho invocate nei sogni insoddisfatti delle notti, quanto fra un compito e l’altro durante i giorni vi ho colpevolmente pregustate, e seppure stanco mi dibattevo impaziente fra le vostre promesse di un mondo che sarebbe tornato ad essere mio!
Questo giro: Berlino; senz’ombra di dubbio, fresco fresco dall’ultimo numero della rivista sul Terzo Reich. Al diavolo il mare, le montagne! Deliziosa occasione di un ripasso del XX sec. e di un ritorno all’attualità! Via, da questo loculo, via da questo tugurio che chiamano casa, lavoro, PATRIA! Dopo un inverno incredibilmente soleggiato e azzurro, dietro le finestre dell’ufficio, via verso i cieli biancogrigi del nord e la loro pioggia tagliente! Goduria, bestemmie, libertà!
E cosa sono questi quartieri, dai nomi irricordabili, indimenticabili, che per uno sconosciuto non hanno perfettamente senso, Mitte, Kreuzberg, Spandau, Pankow, Friedrichshain… Un diluvio di nuovi nomi, il cui significato storico è il canto imponente e ridicolo di una sirena, aperto a tutte le interpretazioni quanto all’irrilevanza di qualsiasi associazione mentale. Cosa vogliono dire? Cosa presuppongono? Ma che è? Eppure qualcosa… Eppure si richiamano, ripetuti a macchinetta, indicano cose, bisogna farci i conti, se ne è circondati. Eppure… Forse, nell’accettazione del fatto che se ne deve pur attribuire un senso, forse, pensavo, è questa la cultura. Dicono a Brescia, la provinciale, la lontana: L’è isé, è così. Eppure è pur sempre un’acqua di suoni non registrati, dislessicamente parlando, accavallati l’uno all’altro, stiracchiati nello sforzo di carpirli, Berghain, Mensch Meier 1, Gemälde Galerie 2, Künstlerhaus Bethanien 3, Sowjetisches Ehrenmal 4… Fanno capolino come visioni di una digestione faticosa, come animali strani e indifferenti che hanno già percorso un bel tratto di strada, lanciati nel futuro.
Come quando l’ultima sera – sono già finite le ferie, non è possibile! – in un concerto la musica era una cosa informe, sperimentale, eccessiva, e un nome mi balenò, quasi per caso, nella mente, a congiungere la mia esperienza alle incognite esterne. Finalmente un nome, per dare un’apparenza di ordine, per darsi un contegno: MUSICA-NON-IDIOMATICA! In breve, dicesi m. non idiomatica un componimento, o performance, che esuli dallo stile e dalle forme a cui è stato addomesticato il nostro orecchio. Ed ero lì, nella mia condizione di spiantato settimanale – questo è il turismo – in un’accozzaglia di suoni e scorregge che pensavo: “Varda che zei rivà i fenomeni…”, “Dio mio, i voe spacar su tuto!” 5, travolto da un’onda fragorosa, straziante, distorta, un boato che premeva in modo sadicamente continuo come un pipeline 6 nella chiusura. E tra i fischi, il pentolame picchiato indegnamente, la distruzione di ogni pulizia auricolare, di ogni educazione, di ogni argine alla pazzia, al furore, pensavo che forse me la volevo scopare, e brutalmente, quella tipa che sussurrava dalle labbra viola in una cornetta rossa del telefono caduta poco prima sul pavimento sporco urla elettrotecniche di nebulose in rovina fra un ammasso di paccottiglia e pirolini, cavi, manopole artigianali, mentre sforbiciava brandelli di canotta stinta del partner in preda a una convulsione percussiva da vero re delle scimmie. Era paradossalmente rilassante.
L’onda si franse sullo sbigottimento dei pochi rimasti e una volta spentasi alla luce soffusa della stanza il fonico suggerì agli amplificatori un calmo rollìo di onde e di gabbiani. Lo ringraziai di cuore. Mi complimentai poi con persone timide e cordiali, a discapito dei precedenti.
Un ultimo nome arrivò, quello della rassegna a cui avevamo partecipato: EXPERIMONTAG (da Experiment, esperimento, e Montag, lunedì). Ogni settimana, al Madame Cheri 7.
Giacomo Cattalini
1 Locali “notturni”.
2 Galleria d’arte.
3 Ex ospedale psichiatrico adibito, dagli anni ’70, a spazio espositivo e di iniziative sociali.
4 Memoriale della vittoria dell’Armata Rossa sulla potenza nazista.
5 In dialetto padovano: “Guarda che sono arrivati i fenomeni…”, “Accidenti, vogliono spaccare tutto quanto!”.
6 Pipeline (eng.): “L’onda più famosa e fotografata dell’universo situata sulla costa nord di Oahu alle Hawaii. Deve la sua fama alla perfezione dei suoi enormi tubi [e] perché rompe su un fondale corallino pericolosissimo e affiorante”. Tube (eng.): “La galleria d’acqua che forma l’onda. Manovra che consiste nel surfare dentro il tunnel formato dall’onda che chiude”. Dal “Vocabolario del surf”, http://www.surfproject.it
7 Refuso mnemonico: il nome esatto del locale è Madame Claude.