LE AUDIOLETTURE LETTERARIE DI FLORVILLE, 3: Ipotesi per un mistero

In omaggio alla Superluna di questa sera


[La poesia è stata pubblicata originariamente qui]

IPOTESI PER UN MISTERO

Oh luna, luna
ferruginosa grata!
La mia conchiglia blasfema ha smesso di funzionare
da quando seppie immacolate le ronzano attorno
Tace, poverina!
La Necessità incombe piena di un maleficio
a rendere il corso naturale, come un lungo e più lungo bacio d’amore.
Se sapesse quante inutili parole solcano gli azzurri mari
quante mucillagini ti stringono amorevoli, offrendo grappoli d’uva rossa
allora sì che …….. … siamo sempre al punto di sempre
introvabili autori di quanto mai piccoli omicidi.
Sopra le nostre tracce un’ardua confessione
spinge il bravo poliziotto a fantasticare,
vede reticoli brillantati di sapienza, l’acume dipana
e solletica talune sciocche pretese.
La Legge farnetica meraviglie.
Siamo o non siamo eretti di fronte al sole imperituro
taciturni cogitanti, discreti imperatori onniscienti.
Oh luna, luna
singolare fascio di bontà!
La libertà è l’astro mai sorto
dinanzi a noi
la fame rende schiavo chi ne approfitta.
I segni del mistero sono nebbie insidiose e sfavillanti
tratteggiano linee di corpi invogliati da troppa sicumera
convinti dalla scienza esatta del crimine perfetto.
Osserva! le congiunzioni dei colleghi astrali simulano
danze inconcludenti, rovine fatiscenti di trapassati remoti
di cui nervosi ridiamo sopra altre macerie, cumuli polverosi
smaltati, di beltà agghindati.
Siamo la grandezza degli occhi, lo sfarfallio delle menti
e sapremo risolvere ogni enigma colorato
passo dopo passo.
Oh luna, luna
comprensiva amante, superba
deflagrante Dea!
Quali preghiere mai placheranno le tue ansie giustizialiste
i tuoi remoti rancori;
forse, i nostri sogni più belli, le nostre grazie artificiose, pura polvere negli occhi:
tremendo riscatto è il nostro.
La furbizia non paga.
Per la sporca felicità del tuo sguardo andiamo fieri
e perché dovrebbe essere altrimenti, ci chiediamo,
pur nell’arresa alle fumisterie, ai sogni, alla vaghezza di giornate nate male
non abbiamo di che dirci contro, visto che la coscienza ci guida sopra le tante pietre
calde o gelide che siano
pietre lunari, s’intende
miracolose perle per veggenti in erba.
Oh luna, luna
profetica Signora!
di reminiscenze abissali, di sgangherati amori, di miserevoli fallimenti, di abbacinanti angosce, di supplici infervorati, di vuoti sincronici, di caramelle appese, di fronde scarmigliate, di tenebrosi e ridicoli silenzi, di vacanze d’alto bordo. Di mortalità.
Seduto allo scrittoio cede l’esuberante ingegno alla meticolosa perfidia
di un meccanismo inviolato, lugubre, ancestrale, che tu addenti quando non sai che fare
Altro che logica risoluzione! o vittoria dell’intelletto!
Siamo purtroppo fermi ai primordi di un giallo vestito d’argento, finto come
il manichino incerato dell’ultimo zimbello della società.
Fiacche le parole, fiacchi i gesti, brevi i percorsi
costellati di gatti morti appesi sotto l’egida del simbolismo
carnefice di se stesso,
e mai che ti trovi davanti una vera vittima,
soltanto pigri innocenti in ritardo
sul battello che va e viene.
Oh luna, luna
poderoso sintagma! Fine assoluta, e paradigma!
Nel corso dei fatti giace un solco profondo, umido e sinistro nella forma,
tiene bordone con la grevità del gorgo notturno
farà di noi polpette al sugo di carne trinciata sbavandoci sopra, a dispetto
a scherno.
Povera truppa sanguinolenta in marcia, le suole pezzate di scorze di mele bacate,
s’allunga come un serpente in vena che succhia e s’addolcisce, venefica e muore.
Nelle trincee domina il freddo imperiale, e la tamtamtonante grancassa di rinforzo
per animi accerchiati, impoveriti
succubi per via definitiva, irrevocabile scelta
di magisteri sovraordinati che reclamano il frutto proibito appreso, rubato.
Restituisci il maltolto, abietto figuro sculettante, prima che sia troppo tardi
per te, (dice)
resterai sepolto dalla sabbia paziente di ogni secondo, di ogni ora, di ogni grande o piccola era millenaria
nella vana ricerca di un rantolo di verità, sì proprio quella che mangiando
hai distrutto, ingoiato, evacuato.
Chi è la verità alzi la mano!
Oh luna, luna
spiritosa dama di un cosmo torbido e irrequieto!
La tua ingiusta sentenza peserà comunque
nell’estasi come nel martirio
Dovremo prenderne atto nelle sollecitazioni serali
virando ad ogni serio indizio per un altrove, un fuori-pista,
impassibili erranti comete.
La sera! tiepida e cuneiforme,
argine maestro,
invisibile alleato, da sempre
dal tempo stesso in cui Lei, avida di luce altrui,
ha reso il favore alle tenebre di non essere più tali:
non più implacabile oscurità eterna!
Nell’intermittenza del Suo volere
s’apre lo squarcio del comprensibile umano,
della Verità,
catastrofica emergenza della mente afflitta dall’idea della Morte
annaspa nelle sue acque morte, si dibatte ansiosa di sopravvivere
priva alla vista di un orizzonte
nella indifferenza di un oceano provvisorio.
La Verità:
unico e solitario indizio di sé.

Michele Mocciola

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