LE AUDIOLETTURE LETTERARIE DI FLORVILLE, 12: IL DISAGIO DELLA GIOVINEZZA NEL MONDO CONTEMPORANEO (Infinite Jest di David Foster Wallace)

Droga, dipendenza, dissesto sociale

 

Il nostro viaggio letterario lungo le FASI della vita entra nel pieno della giovinezza – pienezza che, a volte, però, crea i suoi vuoti. Età di passaggio e di crescita, di iniziazioni e “prime volte” fuori dal recinto infantile, la giovinezza tutta è sempre un po’ a rischio, un po’ a disagio, essendo non solo energetica scoperta della realtà in sé e delle sue possibilità, ma anche scontro doloroso con la società, con una concreta epoca e il suo carico di problemi. La persona giovane è purtroppo come destinata a una certa misura di sofferenza, sia che cerchi di sfuggire agli onnipervasivi, più o meno nocivi, influssi sociali, sia che vi si adegui: nel primo caso, soffre un certo isolamento, una certa devianza dalla norma di fatto; nel secondo, subisce le deleterie conseguenze di un eccessivo conformismo o compromesso tra il proprio carattere profondo e le istanze esterne.
Nella società contemporanea, il disagio giovanile rispetto all’esistenza sociale trova nella droga sfogo, fuga, sollievo, nonché una parodia di terapia e infine un’effettiva amplificazione del proprio male, fino alla dipendenza vera e propria dalla stessa sostanza in apparenza ‘liberatrice’. Il brano dell’audiolettura, tratto da Infinite Jest di David Foster Wallace, mostra alla perfezione il parossismo cui può giungere l’uso/abuso delle droghe più varie; così il ritratto da giovane drogato del protagonista, il diciassettenne Hal Incandenza, diventa occasione, tra note e incisi, per esibire un virtuosismo enciclopedico intorno alla chimica illegale, degno erede post-moderno dei lunghi elenchi grotteschi di Rabelais e pertanto di quel realismo comico/ironico all’origine della tradizione romanzesca europeo-occidentale.
Grazie a uno stile descrittivo minuzioso e a un umorismo raggelante, il grande scrittore americano riesce a rendere il clima ossessivo-paranoico di un mondo strutturalmente dissestato, produttore in automatico di sempre nuove forme di disagio e dunque di dipendenza. Difatti Infinite Jest (pubblicato nel 1996) è ambientato in un futuro prossimo distopico, ultra-consumistico, caratterizzato da innumerevoli forme di dipendenza… ormai leggibile facilmente come una prefigurazione del nostro qui e ora.
La debolezza in teoria momentanea della condizione giovanile diviene allora spia significativa di un’enorme fragilità dell’uomo contemporaneo tout court. D’altronde l’esperienza della droga, oggi, non è evidentemente appannaggio dei soli giovani (semmai sono gli adulti a subire l’influsso di un modello giovanilistico dominante nei media) né è certo limitata ad ambiti ristretti, momenti ludici, trasgressivi, elitari, ritualistici, bensì riguarda quasi tutti e può accompagnare ogni piega della quotidianità. Alla stregua di un olio magico, la droga permette che tutto fili liscio – in altre parole, fa sì che le radici del disagio non vengano intaccate minimamente, inducendo di continuo le persone a coltivare i propri distraenti vizi e insieme a sopportare un insopportabile tran tran, una normalità colorata d’iniquità, un’intermittente follia collettiva.

La Redazione

 

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