AUDIOLETTURE DANTESCHE, 3: PARADISO – LA MADRE DI DIO COME APICE DEL FEMMINILE

il senso profondo dell'inno alla Vergine Maria

Illustrazione di Moebius

 

Nella Cantica del Paradiso domina la disquisizione teologica, la contemplazione di figure dal significato mistico, e infine l’abbandono estatico. Ma prima di trovarsi faccia a faccia con l’Amore Infinito, l’autore-pellegrino incontra la Vergine Maria e le dedica, con squisita sensibilità cattolica, un inno – ch’è anche, giocoforza, la sentita preghiera di un fedele, di un peccatore come tutti, bisognoso di misericordia.
Inoltre, con questo distillato di parole, il poeta traduce in limpidezza stilistica la vertigine concettuale della natura di Maria, Madre di Dio e al contempo “figlia del tuo figlio”, volteggiando intorno al mistero dei dogmi mariani.
Infine, qui Dante giunge al culmine del suo percorso poetico, caratterizzato, sin dai primi componimenti, dalla celebrazione della donna: al cospetto della Madonna stessa, si svela il senso profondo, compiutamente religioso, della sua concezione altissima del Femminile come elemento mediatore in ambito spirituale, ponte verso il Divino Amore.
Tutto torna: l’amata Beatrice, elevata da Dante a quasi-madonna personale, si trasfigura definitivamente in angelica guida lungo il Paradiso – e lo conduce alla fine al cospetto della Santissima Regina del cielo, la Donna ‘più donna’ di tutti i tempi, simbolo massimo, nell’immaginario europeo-occidentale, di doti archetipicamente femminili quali grazia, dolcezza, pietà.

Commedia, Paradiso, Canto XXXIII, vv. 1-27.

«Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’etterno consiglio,
tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ’l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.

Nel ventre tuo si raccese l’amore,
per lo cui caldo ne l’etterna pace
così è germinato questo fiore.

Qui se’ a noi meridïana face
di caritate, e giuso, intra ’ mortali,
se’ di speranza fontana vivace.

Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre,
sua disïanza vuol volar sanz’ ali.

La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fïate
liberamente al dimandar precorre.

In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s’aduna
quantunque in creatura è di bontate.

Or questi, che da l’infima lacuna
de l’universo infin qui ha vedute
le vite spiritali ad una ad una,

supplica a te, per grazia, di virtute
tanto, che possa con li occhi levarsi
più alto verso l’ultima salute.

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