Dove la pelle del leone non può bastare, bisogna cucirvi un pezzo di quella della volpe.
Michel Eyquem de Montaigne
Prego, Lor Signori prendano posto. La Grande Asta, la Grande Asta Definitiva prenderà il via a breve. Lei, in prima fila: sì, lei. Non infastidisca il vicino con i suoi borbottii, chieda pure a me. Siamo poi fra gentiluomini, chiedere è lecito, rispondere è cortesia. Si rilassi, non ha motivo di esser teso: la prego di smettere di stropicciare l’invito; è un bene prezioso. Senza invito non potrà rilanciare per l’acquisto delle meraviglie che ci apprestiamo a battere. Ah, vuol sapere cosa battiamo, nevvero? Tutto, battiamo! Tutto l’immaginabile, tutto lo scibile, tutto il creabile, il concretabile, l’impensabile, l’inconfessabile. E via di questo passo. Questa è un’asta unica, irripetibile! Lo dico a voi tutti, Signori! Siamo di fronte all’incommensurabile ora o mai più. La rivoluzione è calata come i barbari, di tutto ha fatto fagotto, ha svecchiato il catalogo delle banali conquiste umane: con l’imposizione delle nuove tendenze (vanto clamoroso del refolo bonario rivoluzionario-popolare), le vecchie etichette vedono scemare il loro valore. Non indugio oltre, vi ringrazio per aver preso parte allo spettacolo, e vi auguro un’Asta, una Grande Asta ricca di soddisfazioni! Trilli il campanello, sotto con le offerte!
Terzo lotto: l’abbiamo fatta grossa! Per voi, soltanto per voi, abbiamo recuperato dalle più tenebrose soffitte legislative, un diligente e banalissimo Processo. Uno dei pezzi pregiati della Grande Asta: Signori, un brivido mi percorre in toto, mentre vi presento, hic et nunc, un regolare Processo, svoltosi in piena regolarità, nei tempi prefissati dalla giustizia ancestrale e conclusosi senza intoppi in un tribunale fisico, luogo adibito al supremo esercizio del giudizio legislativo. Non manca nulla, proprio nulla: siamo stati in grado di recuperare ogni singolo, polveroso fascicolo che tenesse traccia di questa straordinaria avventura processuale. Potete ammirare il giudice, colto nel sacro momento della delibera. E vi invito a cogliere lo sguardo dell’imputato, a lasciarvi travolgere della sua intima intensità: non troverete altrove un’umanità sì genuina. Entrambi gli avvocati, ferocemente concentrati sull’esercizio delle proprie mansioni, rendono giustizia all’intero quadro, distribuendo pennellate di realtà legislativa all’intera Opera. Oggi purtroppo questa formula processuale è stata soppiantata dalla giustizia sommaria popolare, che trova canali più semplici e sensibili tramite i quali può espletare le proprie funzioni. I tribunali funzionanti oggi si trovano soltanto nella rutilante famiglia dei mass-media, con grande espansione del mercato giudiziario della rete. Al giorno d’oggi, persino la tv arranca nel tentativo di tenere il passo che i social network impongono alle notizie, siano esse anche soltanto lontanamente giudiziarie. Per tamponare questa emorragia, si sono istituiti programmi ad hoc, in grado di convogliare su pubblica piazza fatti di cronaca riservati alla sfera giornalistica e giudiziaria. Un lieve sfarfallio di realtà in un ciclone di incredibile velocità. E questo vago ottundere le menti, che aleggia oggi come una nebbia incostante e permette ad ogni cittadino di illudersi, di cullarsi nella certezza che il proprio responso schermato da tv e social network non abbia conseguenze reali. Siamo in fondo nel virtuale: lì dovremmo placidamente continuare a pascolare. Oggi infatti, grazie a queste strepitose conquiste tecnologiche, siamo tutti giudici, cari Amici: ma con questo meraviglioso articolo voi lo sarete più di tutti. Atto alla mano, potrete ergervi a divinità legislativa all’interno del tribunato popolare. E il resto del tribunale (virtuale o reale), muto.
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L’asta prosegue per un anno. Al termine, con l’ampia sala ormai svuotatasi, il banditore siede sul primo gradino del palco. Si terge il sudore dalla fronte e si alza, appoggiando la mano sinistra sul ginocchio, per far leva. Dietro le quinte, passa in rassegna i lotti rimasti invenduti, accarezzandoli fugacemente. Torneranno, grotteschi e sfigurati, alla prossima Grande Asta.
Jean Léon Jaurès
Mattia Orizio